Non essere cattivo (2015) di Claudio Calligari

sera della befana, febbre, copertina, tisana calda sulle gambe e si vede questo filmone, di cui tutti avevano parlato benissimo
recensione di NON ESSERE CATTIVO di onironautaidiosincratico.blogspot.it

Il film è il terzo, ed ultimo purtroppo, di Calligari, un film che racconta la società degli anni '90, evidenziandone pregi (praticamente nessuno) e difetti (tanti: dalla droga, al bisogno di soldi, dall'abbandono delle periferie alla droga di nuovo, stavolta sintetica). I temi son cari al regista, ed è subito chiaro dalle prime inquadrature che omaggiano e richiamano "Amore tossico" quasi ripetendolo, per evidenziare dove la storia è ambientata e chi siano i veri protagonisti.
 
Non esiste un protagonista unico e specifico, sia perché possiamo trovarne almeno due, Cesare e Vittorio splendidamente interpretati, rispettivamente, da Marinelli e Borghi, che iniziano qui un sodalizio che va avanti e che sembra funzionare in qualsiasi condizione; ma oltre ai due protagonisti abbiamo varie donne, che seppur minori o meno presenti risultano fondamentali e determinanti nello svolgersi della storia: Viviana e Linda su tutte, una più sempliciotta e facilmente illudibile, l'altra ferma e sicura di sé, anche se nel finale pure lei sarà una mezza delusione; finendo con la mamma di Cesare, insieme alla piccola Debora, che ad un certo punto svaniranno dallo schermo. Nota di merito per la Smandrappata (accreditata così nei titoli di coda) di Emanuela Fanelli, che vedremo per pochi istanti nel turning point della storia di Vittorio.
 
Oltre agli attori, tutti bravissimi, ad una fotografia delicata ma precisa in ogni scena (davvero memorabile durante la scazzottata nel "bar" tra i due protagonisti), ad una regia anch'essa delicata ma mai banale o scontata (seppur in alcuni casi un pò televisiva, ma forse solo per il budget del film), la vera protagonista è Ostia, o meglio una periferia italiana a caso dello stesso periodo: con la sua droga nuova in arrivo, con le vecchie droghe che circolavano, e circolano, più facilmente della fanta o della pepsi.
 
La bromance è abbondante e volutamente ridondante, in una periferia, o forse sarebbe meglio dire una provincia, dove i sentimenti non possono essere mostrati (a dispetto di oggi dove bisogna sbandierarli ai quattro venti, magari anche finti, ma purché sbandierati) e i due protagonisti provano fino alla fine a uscire dalla situazione di merda nella quale si trovano, ma non riusciranno a farcela, chiudendo un cerchio di sfiga e merda che si autoalimenta, diventando sempre più scuro e vincolante che neanche la minuscola parte dolce del finale dolce-amaro riesce a risollevare.
 
Calligari è, anzi purtroppamente era, un Pasolini nato 50 anni dopo, almeno cinematograficamente: la regia è nascosta, quasi documentaristica, la fotografia sembra naturale (anche se non lo è spesso), gli attori parlano in maniera naturale, i dialoghi son pochi, c'è tanta rabbia nei personaggi che la esprimono coi gesti e non con dialoghi assurdi e irreali, le situazioni son realistiche e la vita, alla fine, fa schifo. L'unica aggiunta qui è la droga, che fa parte della vita dei protagonisti e li accompagna in tutta la narrazione, senza diventare mai però il centro, se non delle loro vite.
 
Il film ci racconta una storia che magari è stata vissuta in qualche modo dallo spettatore, o che l'ha sentita, almeno una volta, raccontata per quel vicino, amico di famiglia o lontano parente, che con la droga ha fatto una brutta fine; ed è una storia che fa male, che fa soffrire, che non fa proprio piangere, ma che porta chiunque a ragionare un pò sulla propria vita, sulle persone che si hanno intorno e sul perché delle cose, senza essere il film che cambia la vita o fa fare le riflessioni superprofonde che portano ad una epifania unica e speciale.






il provino dei due protagonisti

una scena tagliata

e la colonna sonora

e la recensione del frusciante

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