ringraziando sentitamente watch2gether, in barba a oovoo, si procede con le recensioni di massa, ma con stile (sempre uno a caso e sempre diverso: stavolta il mio compagno di pessime visioni ha praticamente scritto tutto da solo e io ho solo aggiunto qualche commento orribile in mezzo)...

Trovato aggratis sul tubo (visto che watch2gether non permette il noleggio su youtube) in mezzo a centinaia di altri capolavori...
Avati è un Maestro. Emiliano come pochi, riesce a trasmettere perfettamente il senso della sua terra natìa: campi, boschi, pianure, paesaggi bucolici. In Zeder riprende il tema della morte già presente in altre sue opere. La morte, però, è sempre avvolta dal sacro, ovvero accompagnata da tematiche e personaggi religiosi. Era così anche nel suo capolavoro La casa dalle finestre che ridono. I personaggi religiosi, per lo più preti di campagna, sono molto distanti dallo stereotipico parroco emiliano (penso a Don Camillo), dove la commedia e l'impegno politico, insieme alla cultura contadina, sono predominanti. Pupi Avati, invece, vede il sacro come una dimensione misteriosa, qualcosa da cui essere attratti e, al tempo stesso, respinti. Il misticismo dei suoi film è carico di meraviglia e orrore, quasi fantasy, dotato di poteri straordinari.
L'emilianitudine è innegabile, quanto misticismo e straordinarietà, l'unico problema sta nella mancanza totale di collegamento con una qualsiasi realtà, o con una coerenza interna al film stesso.
Il tema di Zeder è (ormai) un classico dell'horror: la resurrezione, il ritorno dalla morte. Insomma Lazzaro. Meglio, Lazzaro andato male, cioè l'archetipo haitiano del non morto, zombie per Romero.
Classicissimo e molto ben raccontata, nonostante non si capisca il perché del ritorno (almeno in Lazzaro c'è Gesù che ci pensa).
Non starò qui a menarvela con la trama, ma farò uno sforzo di sintesi estrema: scrittore fallito scopre la storia dell'alchemista Zeder e della sua scoperta di terreni "speciali" e parte per far luce sul mistero.
"Fallito" è dire poco: numera i romanzi che non compra nessuno, anzi neanche li leggono.
Scrittore in difficoltà, macchine da scrivere, messaggi nascosti, terreni paranormali. Qualcosa mi solletica la memoria. Ah già, il buon King.
"Pet Sematary", dello stesso anno, fu causa di accuse di plagio per Avati, nonostante il film fosse uscito mesi prima, e comunque il libro si ispirasse ad una storia horror di metà ottocento.
Bisogna subito dire che il film è molto luminoso, a dispetto delle tematiche trattate e del genere. Suona anche strano: un horror solare, luminoso. Si deve comunque apprezzare il netto contrasto tra l'oscurità degli argomenti e la luminosità dell'ambiente. A dire il vero, ci sono alcune scelte che non mi sono piaciute per niente, ma ne parlerò dopo.
Concordo con la stranietà della luce delle inquadrature contro l'ombrosità della trama, ma vedo questo come un pregio, una capacità di generare enfasi e pathos anche con tanta tanta luce in campo.
Avati gioca con gli stereotipi di genere per generare la tensione, cosa che vista oggi potrebbe risultare banale, ma occorre contestualizzarla nell'epoca di produzione del film. Stiamo parlando di un periodo storico per il genere in Italia, basti pensare che qualche anno prima era uscito quel gioiello de L'aldilà di un altro grande Maestro: Lucio Fulci. E allora i personaggi misteriosi in ombra, facce che sono caricature viventi, musica incalzante, personaggi che sembrano avere grande importanza ma "muoiono molto male" (il classico nero americano in Italia viene sostituito dal vecchio saggio). Accanto a questi cliché molto demodé (mamma mia quanto francese) emergono anche degli stereotipi stilistici che sono di grande livello: la regia è davvero magnifica in alcuni punti, i primissimi piani, i dettagli, i giochi di luce/ombra, le soggettive. Tutti questi elementi erano e rimangono elementi distintivi di un grande Maestro che, di diritto, può essere nominato accanto a nomi come Fulci, Bava, e Argento.
VIV LA FRANCE...ma a parte questo sì: il cinema italiano all'epoca sapeva dare grandi soddisfazioni, ora molte molte meno, ed è un peccato non vedere più in sala quei nomi, ma doversi accollare Albanese, Zalone, Ficarra, Abatantuono, Picone e Brignano.
Sulla stessa linea di altri film apparatenenti allo stesso genere, la razionalità e la scienza valgono poco contro fenomeni soprannaturali. Esiste questo altro tema: tutto il nostro sapere è inutile o addirittura dannoso per affrontare avvenimenti che richiedono fede o pensiero divergente. I personaggi di Zeder, infatti, soprattutto il protagonista, arrivano alla follia man mano che discendono nell'oscurità. La discesa nell'oscurità in realtà è segnata anche dal contrasto di cui sopra: il film si apre lumininoso e si chiude al buio.
Verissimo: dalla luce al buio, dalla serenità alla morte.
Il protagonista, lontano dall'essere un eroe, piuttosto un inetto sveviano, è quasi sempre all'oscuro (dovrei dire alla luce) di tutto, contrapposto a un insieme di personaggi (attivi antagonisti o involontariamente tali) che custodiscono un sapere a cui il protagonista aspira. La conoscenza - e questo è vero sia per La casa dalle finestre che ridono che per L'aldilà - ha un prezzo per essere acquisita e molto spesso il protagonista ne viene a conoscenza solo alla fine con suo sommo orrore.
L'unico problema è che tutti sanno tutto e lui è l'unico che non sa una ceppa.
Veniamo ora alle note critiche.
Chissà se c'è abbastanza spazio
La sceneggiatura, pur contestualizzandola, adopera scelte che, a mio avviso, risultano ingenue, se non addirittura ridicole. Alcuni personaggi fanno cose che non vengono spiegate, avvenimenti accadono perché palesemente sono funzionali alla trama, personaggi che sembrano essere importanti ma poi scompaiono nel nulla. Potremmo discutere, per esempio, del perché un treno per Bologna, in pieno giorno, sia totalmente vuoto. O della scena in cui il protagonista si mette a correre solo perché entra la musica incalzante.
Musica incalzante = corsa è l'anteprima del videogioco moderno, banalizzante e didascalico.
Alcuni dialoghi sono al limite dell'assurdo: spiegoni diegetici, insulti come "impotente ruffiano", "grazie amore, è stato un anniversario cinematografico" (???), approcci alla "verrei volentieri a fare una rumba con la signorina".
Il merito, della sceneggiatura, oltre a Pupi e al fratello Antonio, è di Maurizio Costanzo, e credo, con questo, di aver detto tutto.
La prova degli attori non è di livello, a parte qualche eccezione. Parte di questa percezione è dovuta anche al doppiaggio, uno degli elementi più discutibili dell'opera. Volevamo a tutti i costi avere attori stranieri? Allora ci becchiamo questo risultato. Viene da pensare che sia fatto apposta.
Il doppiaggio è il male del cinema, se vuoi goderti un'opera la guardi in lingua (non me ne vogliano gli 0 doppiatori che leggeranno questa recensione), i doppiaggi mi danno lo stesso effetto di queste canzoni...
Il comparto che più mi ha spiazzato è stato il montaggio: spezzato, irregolare, arriva addirittura a generare confusione (durante la visione con Pietro gli dicevo spesso "ma sto taglio??").
No vabbè i tagli sono la cosa più folle e randomica mai vista: la più totalmente casuale scelta di quando e come tagliare, neanche nei cortometraggi fatti a 16 anni coi compagnetti di classe c'erano tagli così senza senso
La colonna sonora e soprattutto gli effetti sonori sono allucinanti: ora, io non so se gli addetti fossero sotto acidi oppure hanno deficit dell'attenzione, ma il risultato è a dir poco delirante. L'ultima parte, la famosa risoluzione dell'enigma, pur mantenendo un'ottima regia, è densa di cambi sonori, campionamenti, rumori diegetici, musica. Pensandoci bene l'effetto potrebbe essere voluto dal regista per aumentare il senso di paranoia e disagio nello spettatore: così come il protagonista e la trama sprofondano nella pazzia, anche noi siamo trasportati in quel mondo.
La colonna sonora è di Riz Ortolani, che sicuramente avrà avuto dei brani pronti con l'etichetta "da paura" e glieli ha dati senza manco ascoltarli di nuovo; i rumori sono la cosa più bella: son la cosa che ha fatto ridere di più tutti i partecipanti alla visione, peccato non poter allegare i file audio che ci siamo inviati su telegram, mentre proviamo a emulare alcuni di quei suoni.
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SCRIVI PURE: chiunque spara cazzate, perché non dovresti tu?
però ricorda, se devi offendere, fallo con stile!