serata di recupero di filmoni: visto che l’amica mia ha visto solo robaccia non-violenta, proviamo a farle recuperare almeno le basi, così quando le si parla di cinema sa di che cazzo si parla…
Molti registi sognano di fare un’opera prima così, quasi tutti i registi sognano di avere la carriera che ha fatto Quentin: da videotecaro a mostro sacro del cinema mondiale. In realtà doveva essere un episodio dentro Pulp Fiction, infatti MrBlond è Vic Vega, fratello del più danzereccio Vincent. A proposito di vicende strane e contorte la produzione fu di Bender e dello stesso Keitel (per questo i costumi son al minimo, come le location [il capannone è un deposito funebre in costruzione]); e in italia la prima distribuzione come “Cani da rapina” non ebbe molto successo, nonostante il voluto richiamo ai “Cani arrabbiati” di Baviana memoria; solo due anni dopo, in contemporanea con l’uscita di “Pulp fiction” fresco vincitore a Cannes, questo film ebbe il meritato successo, col nome de “Le iene”, che influenzeranno la cultura pop italiana fino a diventare simbolo di servizi giornalistici scandalistici di basso livello (è fantastico vedere come Mediaset faccia causa a qualcuno che sfrutta un suo prodotto, che è in realtà copiato da Tarantino.
La colonna sonora è da durello auricolare perenne, ogni brano perfettamente inserito dove è inserito, col massimo livello di figaggine raggiunta quando Mr.Blonde stacca l’orecchio al poliziotto in fuoricampo, con Stuck in the middle with you di sottofondo (di certo non è il primo a farlo, però che meraviglia quella scena) dove pure il testo assume un significato narrativo. Altra scelta meravigliosa è quella di far diventare spesso la musica diegetica quando parte extradiegetica e viceversa: parte un brano come una normale colonna sonora e poi un personaggio spegne la radio e si interrompe bruscamente (nonostante quando sia partita la musica nessuno aveva acceso quella radio) o dalla colonna sonora del film la musica passa alla radio della macchina in scena, poi si cambia quadro e torna sottofondo, e di nuovo dalla radio quando si cambia di nuovo; anche qui niente di innovativo ma completamente e violentemente immersivo per lo spettatore, che si sente parte della narrazione, si sente lì in mezzo, si prova empatia coi personaggi (anche, e soprattutto, per come son scritti).
Duecentosettanta “fuck” abbastanza resi bene anche in italiano, ma la lingua originale, soprattutto per le meravigliose interpretazioni, è tutt’altra cosa; dovuto sicuramente alla pochezza di mezzi, il film è molto teatrale: pocherrime location (e semplicissime) e tutto basato sugli attori (solo Keitel è famoso, tutti gli altri invece sono semi-sconosciuti, e diverranno per la maggiorparte feticci del regista, che li riutilizzerà in molte pellicole successive), che innalzano il livello qualitativo fino all’infinito e oltre. Nonstante Tarantino abbia scritto e diretto dei personaggi femminili spaventosamente forti e belli, in questo primo lungometraggio non c’è traccia di donne, in alcune scene se ne parla, ma se ne vedono una o due in tutto il film, e nessuna di esse dice neanche una battuta.
A parte qualche minuscolo errore di sceneggiatura (chi spara ad Eddie il bello nello stallo alla messicana?) e qualche problemino con la color correction (in alcune scene il passaggio da un’inquadratura all’altra comporta un salto di colore che manco il peggio Bay è in grado di dare) il film è perfetto: i dialoghi son magistrali (qui vediamo come Tarantino sia in grado di non far dire un cazzo ai suoi attori per più di 10 minuti, generando discussione e rendendo la scena interessantissima da più punti di vista). A proposito della prima, meravigliosa, scopiazzatissima e iconica scena: Madonna mandò un disco autografato a Tarantino dopo l’uscita del film, con la dedica “To Quentin. This is not about dick, it’s about love”.
Quello che fa Tarantino non è solo un citare (da “Il colpo alla metropolitana” di Joseph Sargent con Walter Matthau i nomi colorati; da “Cani arrabiati” di Bava sia il titolo che l’ambientazione, ripresa in parte anche da “Rapina a mano armata” di Kubrick; da “Django” la scena dell’orecchio [e sappiamo poi com’è andata a finire con questo personaggio], da “Il buono, il brutto e il cattivo” il triello) ma ricreare un amore e una ricerca per roba, e anche robaccia, che lui ha adorato e che gli ha permesso di amare questa che, una volta, era un’arte artigianale, mentre ora è solo saghe e business. 105 minuti in cui i personaggi vengono sviscerati (alla faccia di chi dice “eh no… le prime due stagioni di GOT son lente perché servono a presentare i personaggi”) tramite l’uso di flashback che Nolan levati. Tarantino morto, come accadrà, sempre peggio, nei film successivi, o quasi, e le scene dove lui recita son girate dal collegamico Robert Rodriguez (che anche lui girerà robetta negli anni successivi).
p.s. la recensione è piena di spoiler, dopo 27 anni chi non l’ha visto merita almeno di averlo spoilerato, che poi comunque 1 solo è il colpo di scena, quello di Freddy Newandyke che è un fottuto sbirro (per tutti quelli, Spike Lee compreso, che si son lamentati del linguaggio, soprattutto riferito ai neri, non credo che tra delinquenti ci sia un galoppante e pressante linguaggio politicamente corretto, nei confronti di nessuno).
La colonna sonora è da durello auricolare perenne, ogni brano perfettamente inserito dove è inserito, col massimo livello di figaggine raggiunta quando Mr.Blonde stacca l’orecchio al poliziotto in fuoricampo, con Stuck in the middle with you di sottofondo (di certo non è il primo a farlo, però che meraviglia quella scena) dove pure il testo assume un significato narrativo. Altra scelta meravigliosa è quella di far diventare spesso la musica diegetica quando parte extradiegetica e viceversa: parte un brano come una normale colonna sonora e poi un personaggio spegne la radio e si interrompe bruscamente (nonostante quando sia partita la musica nessuno aveva acceso quella radio) o dalla colonna sonora del film la musica passa alla radio della macchina in scena, poi si cambia quadro e torna sottofondo, e di nuovo dalla radio quando si cambia di nuovo; anche qui niente di innovativo ma completamente e violentemente immersivo per lo spettatore, che si sente parte della narrazione, si sente lì in mezzo, si prova empatia coi personaggi (anche, e soprattutto, per come son scritti).
Duecentosettanta “fuck” abbastanza resi bene anche in italiano, ma la lingua originale, soprattutto per le meravigliose interpretazioni, è tutt’altra cosa; dovuto sicuramente alla pochezza di mezzi, il film è molto teatrale: pocherrime location (e semplicissime) e tutto basato sugli attori (solo Keitel è famoso, tutti gli altri invece sono semi-sconosciuti, e diverranno per la maggiorparte feticci del regista, che li riutilizzerà in molte pellicole successive), che innalzano il livello qualitativo fino all’infinito e oltre. Nonstante Tarantino abbia scritto e diretto dei personaggi femminili spaventosamente forti e belli, in questo primo lungometraggio non c’è traccia di donne, in alcune scene se ne parla, ma se ne vedono una o due in tutto il film, e nessuna di esse dice neanche una battuta.
A parte qualche minuscolo errore di sceneggiatura (chi spara ad Eddie il bello nello stallo alla messicana?) e qualche problemino con la color correction (in alcune scene il passaggio da un’inquadratura all’altra comporta un salto di colore che manco il peggio Bay è in grado di dare) il film è perfetto: i dialoghi son magistrali (qui vediamo come Tarantino sia in grado di non far dire un cazzo ai suoi attori per più di 10 minuti, generando discussione e rendendo la scena interessantissima da più punti di vista). A proposito della prima, meravigliosa, scopiazzatissima e iconica scena: Madonna mandò un disco autografato a Tarantino dopo l’uscita del film, con la dedica “To Quentin. This is not about dick, it’s about love”.
Quello che fa Tarantino non è solo un citare (da “Il colpo alla metropolitana” di Joseph Sargent con Walter Matthau i nomi colorati; da “Cani arrabiati” di Bava sia il titolo che l’ambientazione, ripresa in parte anche da “Rapina a mano armata” di Kubrick; da “Django” la scena dell’orecchio [e sappiamo poi com’è andata a finire con questo personaggio], da “Il buono, il brutto e il cattivo” il triello) ma ricreare un amore e una ricerca per roba, e anche robaccia, che lui ha adorato e che gli ha permesso di amare questa che, una volta, era un’arte artigianale, mentre ora è solo saghe e business. 105 minuti in cui i personaggi vengono sviscerati (alla faccia di chi dice “eh no… le prime due stagioni di GOT son lente perché servono a presentare i personaggi”) tramite l’uso di flashback che Nolan levati. Tarantino morto, come accadrà, sempre peggio, nei film successivi, o quasi, e le scene dove lui recita son girate dal collegamico Robert Rodriguez (che anche lui girerà robetta negli anni successivi).
p.s. la recensione è piena di spoiler, dopo 27 anni chi non l’ha visto merita almeno di averlo spoilerato, che poi comunque 1 solo è il colpo di scena, quello di Freddy Newandyke che è un fottuto sbirro (per tutti quelli, Spike Lee compreso, che si son lamentati del linguaggio, soprattutto riferito ai neri, non credo che tra delinquenti ci sia un galoppante e pressante linguaggio politicamente corretto, nei confronti di nessuno).
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SCRIVI PURE: chiunque spara cazzate, perché non dovresti tu?
però ricorda, se devi offendere, fallo con stile!