Sonatine (1993) di Takeshi Kitano

per la seconda settimana di fila il #lunedìfilm si è imprevedibilmente svolto, stavolta dopo una comune cena a base di piadine, rivolgendosi ad oriente, per godere del cinema del sol levante...
recensione sonatine di takeshi kitano, di onironautaidiosincratico.blogspot.com
come sempre, prima della recensione, una breve presentazione di ogni partecipante, poi le domande con le risposte ^_^


NOME, ETÀ, OCCUPAZIONE, CIBO PREFERITO


  • alexa: giovanissima studentessa disoccupata, una pizza e mezza
  • luana: 21, studentessa logorroica dalla voce profonda, vino e basta
  • erica: 26, studentessa a tempo pieno, patate e cioccolato
  • danilo:
  • pietro: 27, studentepartimeincercadilavorofulltime, pizza con kebab


1.riassumi la trama in 140 caratteri
a: un rinomato capo gruppo della mafia giapponese viene inviato in missione ad Okinawa per stabilire una tregua tra i due gruppi mafiosi.
l: un gruppo di criminali si rifugia in una spiaggia, aspettando l’inevitabile destino della missione, sfruttando l’apparente pace divertendosi.
e: il film ci mostra delle giornate tipiche di un gruppo di gangster giapponesi che deve spostarsi fino alla morte del capo del gruppo.
 d:
p: un gruppo di gangster giapponesi viene mandato in missione e deve aspettare le decisioni dall’alto in una spiaggia sperduta


2.in quale genere catalogheresti il film e perché?
a: thriller-drammatico credo, per l’unione perfetta tra suspence, riflessione e drammaticità della storia.
l: thriller drammatico, mix di suspense e stile narrativo lento; enfasi sull’emotività dei personaggi.
e: drammatico, fa riflettere su tante cose, sulla vita e sulla morte, ci sono scene intense, crude e lente.
d:
p: film di gangster (meglio ancora un film yakuza): di quelli serie fatti bene, niente slowmotion, niente azione fuori da ogni logica fisica e umana, ma persone che fanno questo “di lavoro”, con obblighi e doveri e tanta noia quando c’è da stare su una spiaggia sperduta ad aspettare che i superiori decidano il dafarsi


3.rapporto musica-immagini?
a: A mio avviso il rapporto tra musica ed immagini è sicuramente fondamentale in un film del genere. Il gioco di contrapposizione pace,serenità/delirio - grazie all’intreccio di scene paesaggistiche, di svago e scene di violenza - contribuisce a colmare l’inconsistenza della trama.
l: importante il lavoro di unione tra montaggio e colonna sonora tanto da rendere il film un pò stile noir. Scene in spiaggia senza musica per enfatizzare la tranquillità apparente della scena.
e: rapporto equilibratissimo: fotografia meravigliosa, un giusto bilanciamento tra inquadrature di paesaggi a campo lungo, come a dipingere dei quadri, e scene di interni dall’aria meno costruita e più quotidiana; musica che accompagna, enfatizza e coinvolge quando deve, passando in primo piano rispetto all’immagine in alcuni momenti.
d:
p: le musiche di Hisaishi son meravigliose di per sé, come le inquadrature di Kitano: l’intreccio di questi due media (grazie al montaggio dello stesso Kitano che recita, dirige, monta, scrive, fa un pò tutto da sé) riesce a rendere le scene estremamente coinvolgenti, con la musica che diventa parte integrante del film, senza però invadere, senza coprire o infastidire, avendo entrambe una forza estrema singolarmente, ma fondendosi insieme con un risultato ancor più forte e trascinante


4.conoscevi Kitano, il film ti ha spinto a vedere qualcos’altro di suo?
a: non solo non conoscevo Kitano, ma non avevo mai visto nulla di suo, nemmeno Takeshi’s castle. Comunque, non credo vedrò altro di mia spontanea volontà.
l: non conoscevo Kitano regista, solo Kitano comico in Takeshi’s Castle. Son curiosa di vedere Il silenzio sul mare, film quasi completamente muto.
e: non lo conoscevo e non avevo mai visto un film giapponese prima, forse la visione di gruppo con “commenti live” ha un po’ sdrammatizzato l’impatto con questa tipologia di film che credo potrò apprezzare maggiormente in futuro vedendo altri film, magari con una modalità diversa.
d:
p: ammetto di aver conosciuto Kitano “tardi” con Brother: a parte Brother stesso, Dolls e Outrage non ho visto molto, ci sarebbe da recuperare un bel pò, e spero che col tempo possa crescere la quantità di roba da vedere.

5.registicamente, tecnicamente piaciuto?
a: come ho già detto, la bravura a livello tecnico del regista-sceneggiatore-attore è stata fondamentale per creare un prodotto di cui, altrimenti, non avrei completato la visione. :D
l: Inquadrature lunghe e quasi in fuori campo che spesso mi facevano sentire distante dal personaggio ma presente nella scena come terzo occhio, distante. Ho apprezzato molte di queste inquadrature larghe ma allo stesso tempo non sono riuscita a percepire la componente emotiva del film.
e: premettendo la mia ignoranza, l’ho trovato diverso dai “film occidentali” ma non saprei dire tecnicamente perché. L’unica cosa che non ho apprezzato particolarmente è stata la resa delle morti per arma da fuoco, capisco il perché della scelta del “poco realistico”, ma non mi è piaciuto molto l’effetto.
d:
p: la regia è semplicemente perfetta in ogni scelta, in ogni inquadratura, in ogni movimento di macchina (anche il più piccolo e impercettibile): niente è lasciato al caso, niente va oltre quel che serve alla scena, niente di più di quanto un occhio attento non possa godere (seppur magari non comprendere a pieno) già alla prima visione; una scena su tutti il lenterrimo effetto vertigo, insieme ad un carrello, quando Kitano/Murakawa esce dall’ “ufficio” del capo e va a rispondere al telefono, con annesso cambio di colorcorrection


6.violenza gratuita o funzionale alla narrazione?
a: abbastanza funzionale e soprattutto coerente con la realtà narrata.
l: violenza funzionale alla narrazione sulla guerra tra gang criminali.
e: la violenza è funzionale alla narrazione e soprattutto è presentata non come violenza brutale o megasuperspettacolare, ma come fredda, asettica, spietata. Non si VEDE la violenza, la si PERCEPISCE, sia nel caso delle sparatorie sia nella scena dello stupro, e questo credo colpisca di più di un film d’azione americano.
d:

p: perfettamente e totalmente funzionale alla narrazione: ma qui ci si trova davanti ad una tipologia di violenza non fine a sé stessa, non esteticamente bella, non curata, non spettacolare, non complessa, bensì qualcosa di reale, realistico e plausibile: niente esplosioni che esplodono, niente ralenti, niente fughe a folle velocità con inseguimenti mozzafiato, semplicemente quattro uomini su una spiaggia che si annoiano, e giocano con gli oggetti che gli son più familiari, ovvero gli strumenti del mestiere...



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