Il giocatore (2017) da Fëdor Michajlovič Dostoevskij adattamento di Vitaliano Trevisan regia di Gabriele Russo

spettacolo mattutino per le scuole, fa un pò strano prendere cappuccino e cornetto prima di andare a teatro, ma non è la prima volta e non sarà l'ultima, si spera...
immagine di Francesco Squeglia tratta dallo spettacolo
Quando ho visto che ci sarebbe stato questo spettacolo allo Stabile ho deciso che ci sarei andato, senza conoscere regia, attori o adattatore, ma solo la storia del buon Fëdor Michajlovič, letta più di qualche anno fa, di cui ricordavo vagamente solo alcuni passaggi, ma che, come tutte le opere del sommo romanziere russo, a cui è pure dedicato un cratere su Mercurio.
L'opera originale, scritta in 28 giorni sotto la minaccia della perdita di tutti i diritti sulle opere fino ad allora scritte, arriva lo stesso anno di Delitto e castigo, l'opera forse più celebre dell'autore; da alcuni considerato un romanzo, da altri solo un racconto, è la storia di un giocatore, bloccato in una ridente località tipica della fine del'800, con un casinò, qualche nobile decaduto in cerca di soldi per rialzarsi e di qualche scalatore/scalatrice sociale in cerca di titoli nobiliari. 
L'opera viene presa dalla sua epoca e calata nella nostra (davvero azzeccato il confronto dei valori economici in tutte le valute: dollari, rubli ed euro), mostrando un problema molto attuale come la ludopatia, con uno stile però retrò, con delle problematiche che oggi non ci sono più, o forse han solo cambiato il loro aspetto: dalla ricerca di uno status nobiliare adesso abbiamo uno status di fama, dalla voglia spasmodica di amore si passa a quella di successo; ma in fondo tutto è invariato. 
La scena minimale di Roberto Crea, insieme alle luci di Salvatore Palladino e ai costumi di Chiara Aversano crea la giusta atmosfera mostrandoci, in maniera semplice (quasi minimale), ma efficace, sia l'antico che il moderno, sia il lusso che il degrado, la doppia faccia del gioco d'azzardo (e di ogni altra dipendenza). Coproduzione Fondazione Teatro di Napoli, Teatro Bellini e Teatro Stabile di Catania, facente parte di una trilogia della "perdita", dopo Arancia meccanica e Qualcuno volò sul nido del cuculo. Bello il twist a fine primo atto: "BUIO!". Unico appunto negativo l'audio: ottimo il comparto musicale di accompagnamento (seppur a volte un pò troppo violento negli attacchi, anche se sembrava voluta), pessimo invece il comparto dei microfoni (seppur simpatica la cosa che c'era una sorta di stereo [gli attori alla destra del palco si sentivano di più da quel lato]) insufficiente soprattutto quando gli attori si muovevano e davano le spalle al pubblico (cosa che succede spesso durante l'arco dello spettacolo). 
Interessante, nonostante le stupide e fuori luogo domande di alcuni, l'incontro con gli studenti, che si son potuti confrontare con gli attori, facendo domande e complimenti direttamente a loro.

Una serie di citazioni bellissime, alcune tratte dall'opera originale, alcune riadattate e modificate:

L'umiliazione è alla base di ogni amicizia.
In Germania non è possibile essere arrestato per un reato che non si è commesso, non in questa epoca storica almeno.
Il generale è innamorato, che per un uomo della sua età è la cosa peggiore.

Bell'esempio di come il teatro Stabile di Catania stia tornando a fare spettacoli degni di questo nome...



il trailer dello spettacolo qui sotto lo sceneggiato Rai, che (ri)vedere male non fa ^_^

Commenti

  1. Ottima capacità di analisi e ottimo articolo, complimenti

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    1. onorato della Vostra visita!!! ^_^ spero di vedere al più presto lo sceneggiato Rai, dopo il Conte di Montecristo mi son appassionato e ne ho visti un paio...

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