Café society (2016) di Woody Allen

martedì biglietto ridotto (mi ritengo fortunato: cinemi in seconda/terza visione con film usciti un mese prima a 2€ [recuperi vecchi film a prezzi modicissimi] e sconto per studentienonsolo il martedì) alla fine, per me, il Cinema2Day non serve, ma è comunque una gran bella iniziativa

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Le aspettative scendono ad ogni film di Allen, ogni nuovo ingresso in sala ci si aspetta sempre meno: sta invecchiando, sta perdendo la verve, ed essendo al suo CINQUANTATREESIMO film da regista e SETTANTASEIESIMO da scrittore. Trama all'osso: coppia, scoppia, ognuno si rifà una vita, ri-coppia; niente di nuovo, tutto già visto (dall'innamoramento, ai problemi di famiglia, alla delusione d'amore, alla "rinascita", per finire col finale dolce-amaro). La storia in fondo è una storia senza tempo, basterebbe sostituire una o due professioni (comunque attualissime, non fosse per i costumi [abbondantemente aggiornati e stravolti]), una storia semplice e già vista, ma questo non toglie al film la sua delicatezza nel raccontare un tema così crudo e bruciante.
Cast spettacolare (magari cambiare le due protagoniste femminili avrebbe reso tutto più credibile): da Eisenberg alla Stewart, passando per Steve Carrell fino alla meravigliosa quanto irriconoscibile Sheryl Lee. La fotografia è strasaturata, quasi come un HDR qualsiasi (Storaro si è fatto prendere un filino la mano), con una saturazione che segue la gioia del protagonista (i momenti felici son più saturi, i peggiori son quasi B/N) che aiuta la comprensione del film e della situazione nella quale si trovano i personaggi. Doppiaggio pessimo (si sente la mancanza di Oreste, pace all'anima e alla voce sua), personaggi giovani con voci da vecchie e viceversa, ma purtroppo qui da noi si è troppo pigri per leggere i sottotitoli, e ci nascondiamo dietro "il doppiaggio in Italia è il migliore del mondo!". La musica è la solita, jazz anni '30 che, forse anche grazie ai 70 film di Allen, è famosa e chic anche ora (forse troppo e pure male). L'unica differenza con gli altri film di Allen sono i tanti, e fatti benissimo, piani-sequenza, che sono utilissimi e invisibili.
In fondo, sempre, tutto, finisce a New York



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