prima o poi dovevo pur iniziarla la filmografia del maestro di Ota: ho deciso di iniziarla una notte di ottobre del 2014, con ancora un pò d'influenza addosso a farmi compagnia...
- tutto è tre: se c'è un numero di qualcosa, questo sarà 3
- inquadrature da urlo, movimenti semplici (niente giraffe o carrellate assurde) ma superefficaci a dare allo spettatore uno stato d'animo o a raccontare qualcosa
- pochissime soggettive (seppur la storia è raccontata più volte da diversi punti di vista, e ci si aspetta, almeno io mi aspettavo, un sacco di soggettive, invece è come se il regista volesse farci capire che tutte le versioni sono LA verità)
- i "dialoghi" con la polizia/giudice/signorotto locale, per lo spettatore son semplici monologhi, che evidenziano il racconto, senza dare importanza alle domande
- ambientazione molto scarna, tutto è fondato e gira intorno alla storia e agli eventi
- il luogo dove avviene il processo è semplicissimo, un giardino con muro dietro (ci si aspetta che il giudice/poliziotto sia sul nartece dell'edificio) dove i vari personaggi raccontano la propria storia stando in primo piano, e gli altri son dietro ad ascoltare e fare da "sfondo", come in un opera teatrale
- come in Pulp Fiction, che deve molto a questa pellicola, veniamo a conoscere la storia un pezzo alla volta, senza un ordine stabilito, come avverrà in Memento (seppur con ordine inverso alternato), ma qui il "disordine" creato dal regista più che cronologico è proprio logico, non capiamo mai quale sia la verità (tranne alcuni punti in comune a tutti i racconti)
- bello il doppiaggio (gran lavoro di Foà) ma le voci "acidule" dell'originale rendono la pellicola più sincera, e la storia più comprensibile
- tutto ha una fluidità pazzesca, le immagini cambiano, l'azione si sposta nello spazio e nel tempo, ma sembra tutto perfettamente continuo e fluido
- il genere è impossibile stabilirlo, oggi potremmo definirlo un pulp in costume, o un horo e spada pulp
- le scene di combattimento sono sublimi, montate perfettamente, con movimenti
- i tagli di luce sono irreali, ma adeguatissimi per descrivere lo stato dei personaggi o la situazione che stanno vivendo, il bianco&nero è a volte naturalissimo, a volte folgorante
- la musica è presente in tutto il film, ma non risulta mai invasiva o fastidiosa. Riesce ad accompagnare ogni scena, ogni momento del film senza sembrare mai messa dal regista: sembra infatti che la musica che si potrebbe sentire in una situazione del genere
- niente onore o epica, ogni personaggio cerca il suo vantaggio, un tornaconto, se ne frega di chiunque altro, seppur ognuno, nel proprio racconto, cerca di addossarsi la colpa dell'omicidio (perfino il samurai dall'aldilà)
- le sopracciglia delle uniche due donne che si vedono sono inquietanti, ma davvero
- il finale è buono ed ottimista, ma non buonista
- anche il duo Mogol-Battisti ha omaggiato l'opera di Kurosawa con un brano, Le tre verità, un brano dove viene raccontato un adulterio dai discordanti punti di vista dell'uomo, della donna e dell'amante
Un capolavoro assoluto, pochi cazzi!
RispondiEliminaproprio nessun cazzo!
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