Rashô-mon (1950) di Akira Kurosawa

prima o poi dovevo pur iniziarla la filmografia del maestro di Ota: ho deciso di iniziarla una notte di ottobre del 2014, con ancora un pò d'influenza addosso a farmi compagnia...




  • tutto è tre: se c'è un numero di qualcosa, questo sarà 3

  • inquadrature da urlo, movimenti semplici (niente giraffe o carrellate assurde) ma superefficaci a dare allo spettatore uno stato d'animo o a raccontare qualcosa

  • pochissime soggettive (seppur la storia è raccontata più volte da diversi punti di vista, e ci si aspetta, almeno io mi aspettavo, un sacco di soggettive, invece è come se il regista volesse farci capire che tutte le versioni sono LA verità)

  • i "dialoghi" con la polizia/giudice/signorotto locale, per lo spettatore son semplici monologhi, che evidenziano il racconto, senza dare importanza alle domande

  • ambientazione molto scarna, tutto è fondato e gira intorno alla storia e agli eventi
  • il luogo dove avviene il processo è semplicissimo, un giardino con muro dietro (ci si aspetta che il giudice/poliziotto sia sul nartece dell'edificio) dove i vari personaggi raccontano la propria storia stando in primo piano, e gli altri son dietro ad ascoltare e fare da "sfondo", come in un opera teatrale

  • come in Pulp Fiction, che deve molto a questa pellicola, veniamo a conoscere la storia un pezzo alla volta, senza un ordine stabilito, come avverrà in Memento (seppur con ordine inverso alternato), ma qui il "disordine" creato dal regista più che cronologico è proprio logico, non capiamo mai quale sia la verità (tranne alcuni punti in comune a tutti i racconti)

  • bello il doppiaggio (gran lavoro di Foà) ma le voci "acidule" dell'originale rendono la pellicola più sincera, e la storia più comprensibile

  • tutto ha una fluidità pazzesca, le immagini cambiano, l'azione si sposta nello spazio e nel tempo, ma sembra tutto perfettamente continuo e fluido

  • il genere è impossibile stabilirlo, oggi potremmo definirlo un pulp in costume, o un horo e spada pulp

  • le scene di combattimento sono sublimi, montate perfettamente, con movimenti

  • i tagli di luce sono irreali, ma adeguatissimi per descrivere lo stato dei personaggi o la situazione che stanno vivendo, il bianco&nero è a volte naturalissimo, a volte folgorante

  • la musica è presente in tutto il film, ma non risulta mai invasiva o fastidiosa. Riesce ad accompagnare ogni scena, ogni momento del film senza sembrare mai messa dal regista: sembra infatti che la musica che si potrebbe sentire in una situazione del genere 

  • niente onore o epica, ogni personaggio cerca il suo vantaggio, un tornaconto, se ne frega di chiunque altro, seppur ognuno, nel proprio racconto, cerca di addossarsi la colpa dell'omicidio (perfino il samurai dall'aldilà)

  • le sopracciglia delle uniche due donne che si vedono sono inquietanti, ma davvero

  • il finale è buono ed ottimista, ma non buonista

  • anche il duo Mogol-Battisti ha omaggiato l'opera di Kurosawa con un brano, Le tre verità, un brano dove viene raccontato un adulterio dai discordanti punti di vista dell'uomo, della donna e dell'amante







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