The hateful eight (2015) di Quentin Tarantino

visto in largo ritardo, ma visto in lingua originale (tra l'altro a prezzo scontato) sia lode al Re!





come sempre, prima della recensione una breve presentazione di ogni partecipante, anche stavolta niente domande e niente risposte con le lettere; tutti si parla insieme, distinguendo solo con la formattazione, senza sapere chi sia a parlare:


eRica: 23, donna, sudentessa, patate
Pietro: 27, uomo, studentepartimeincercadilavorofulltime, pizza con kebab
[stavolta è una cosa a due, visto che gli altri """"amici""" mi hanno abbandonato a rencensire da solo questa meraviglia...ovviamente se qualcuno volesse aggiungersi è ben accetto]


Avrebbe dovuto essere il settimo di Tarantino ma è diventato l’ottavo dopo che lo script è uscito in rete e il regista abbia abbandonato l’idea (si dice sia stato Jackson a convincerlo: un pò per egoismo e un pò perché magari ha visto delle potenzialità, o forse solo per egoismo, ma chissene, meglio così!.
Musiche da Dio (good job Ennio, stranamente riconosciuto anche dall’Accademy) [ovviamente il plagio dei subsonica, di una canzone scritta DICIOTTO ANNI PRIMA è davvero ridicolo; dopo l’Oscar Ennio ha affermato di non voler lavorare più così, con così poco tempo, con Tarantino, dovendo riciclare vecchie canzoni, preferirebbe avere più tempo, più girato prima del montato finale, per capire e musicare meglio. Vabbè, lui si può lamentare quanto vuole, ha fatto un capolavoro, altro che riciclo! Trovo che la colonna sonora abbia avuto un ruolo fondamentale: alcune scene sono pura musica e fotografia, 50 e 50. L’inizio del film, ad esempio, ci fa immergere lentamente nell’atmosfera del film, la musica ci avvolge e le immagini ci trasportano altrove.
Visto in lingua originale, e fanculo il miglior doppiaggio della storia del cinema. Peccato non averlo potuto vedere in 70mm panavision (2.76:1 contro il “modico” 1.85:1” del 35mm o del classico 75mm); peccato anche per l’overture e l’intervallo (come si usava negli anni buoni del cinema) del buon Ennio.
I giochetti di regia, che sfruttano l’immagine in ogni sua parte per raccontare la storia, sono in questo film portati all’ennesima potenza: la scena di Marquis che parla col Generale, col fumo che sale dal cappello è orgasmicamente esplicativa; per non parlare dei giochi di fuoco nella scena della chitarra, da brividi, sia per velocità di esecuzione, che per l’idea che ci sta dietro.
Il film si svolge in una sola camera, quasi una piece teatrale (ogni tanto un colpo di voce fuori campo [l’unica cosa di Quentin che abbiamo nel film; ci manca la sua morte violenta {sarebbe stato fiquo averla in audio} ] che ha l’effetto del quadrato di pulp fiction)
Le auto-citazioni sono il pane quotidiano del buon Quentin: da Leiene con la carrellata circolare sul tavolo e la ricerca del doppiogiochista, passando per Pulpfiction per la luce emanata dalla lettera e la trama non cronologicamente lineare; le autocitazioni non sono però autoeritismo filmico: non son fini a sè stesse e non citano solamente, ma servono a raccontare qualcosa, ad esprimere un sentimento, a ricreare un’atmosfera. C’ho visto anche una piccola, manco tanto, citazione a Bava e alla sua fotografia con l’ottimo lavoro di Richardson. Come sempre le citazioni presenti non sono fastidiosamente evidenti o ripetute, son semplici (a volte neanche volute) e sottili, delicate, bisogna rivedere il film più volte per notarle tutte, non sono quelle citazioni che tanto di moda vanno ora: lapalissiane fino allo spasmo, semplici che non serve altro che stare in sala a guardare il film, a volte manco quello, per capirle; qui le citazioni non sono alte o complicate, semplicemente sono nascoste, sono sottili, ed il bello del cinema di Tarantino sta anche in questo: nel cercare di capire quante e quali citazioni ci sono, e di come lui abbia saputo trasformarle e adattarle alle sue necessità.
Nonostante l’ambientazione non è un vero e proprio western, anzi è forse l’ambientazione l’unica cosa di western del film, per tutto il resto potrebbe essere ambientata in qualsiasi momento storico, senza variare in alcun modo il rapporto tra i personaggi, né l’evolversi delle situazioni.
Il primo tempo è lento, presenta i personaggi, inizia il pubblico alla storia e all’ambiente, spiana la strada per ciò che accadrà dopo; nel secondo tempo (vio)lento la mattanza viene attuata, Tarantino esce fuori e lo fa a modo suo, come solo lui sa fare; anche se stavolta è forse un pò più splatter del solito, e la cosa non dispiace affatto.
Come sempre i personaggi son scritti da Dio, e i dialoghi meglio (ho letto parecchio in giro della pesantezza del monologo di Warren [solo a me ha ricordato Wallace?], e vorrei capire questa gente cosa intende per un bel dialogo/monologo scritto bene, sul serio, se qualcuno dovesse avere la sfiga di leggere questa recensione me lo faccia sapere). In questo film, più che negli altri, la politica è all’ennesima potenza: le critiche son pungenti, le idee del regista chiare e violentemente sbattute in faccia allo spettatore; tutto ciò senza però infastidire lo spettatore, senza distrarlo dalla storia, senza divagare, ma interessando ancor di più chi nota, senza disturbare chi non nota. Ovviamente dei bei dialoghi recitati da pessimi attori sono inutili: per questo Quentin ha scelto un cast eccezionale, dal primo all’ultimo, ognuno perfetto nel suo ruolo (alcuni si dice siano stati scritti appositamente pensando agli attori); molti son già stati girati da Quentin, alcuni sono nuovi, tutti son stati in film epocali (forse anche qui qualche citazione: Jennifer Jason Leigh ripresa da eXistenz, Kurt Russel per la cosa e Snake Plissken, Walton Goggins da la casa dei 1000 corpi).
Il film viene accusato di misoginia, anche se non sono riuscito a capire dove e come, se qualcuno può illuminarmi gliene sarei eternamente grato.
La sceneggiatura non è molto originale: si sa come andrà a finire quasi ogni scena, il bello sta nel come; il discorso è sempre lo stesso: Tarantino potrebbe raccontare la barzelletta “un signore entra in un caffè, SPLASH” e lo farebbe meravigliosamente bene, c’è poco da fare. I colpi di scena sono pochi (come sempre del resto nei film di Tarantino, al massimo c’è un pò di confusione, ma niente stravolgimenti di chissà quale entità), tutti quando serve e solo a servizio del film stesso (che Quentin stia crescendo?).
Ottimo odioso ornamentale ottavo film di Tarantino, chi dice che è brutto non capisce un cazzo di cinema, non c’è nessuna vergogna nell’ammetterlo!


Commenti

  1. Una sorpresa per te da parte mia! Una piccola cosa che spero potrà piacerti.
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    #HollywoodCiak
    Bengi

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