One hour photo (2002) di Mark Romanek

ultimamente niente cinema, tanto divano a casa e tanto netflix...visto il faccione di Williams in copertina ho deciso di guardarlo ed effettivamente, e visto il genere e gli attori, non è affatto male

recensione one hour photo di onironautaidiosincratico.blogspot.it


Un normale impiegato di un centro commerciale qualsiasi svolge normalmente il proprio lavoro: sviluppa, in un ora, le foto dei clienti. Conosciamo lentamente Sy, la sua cura maniacale per il lavoro, e anche la strana attenzione dedicata ad alcuni clienti, in particolare una famiglia, gli Yorkin. 

Questa l'introduzione, normale, ad un film anch'esso normale: niente scossoni, niente super eroi, niente superpoteri, niente di niente, se non un uomo che ama a tal punto la felicità della famiglia di cui sviluppa le foto da arrivare a fare quel che fa nel finale. 

Si trova un meraviglioso, quanto inquietante, Robin Williams, che di certo non dà la sua migliore interpretazione, ma di certo riesce a dare quel tocco in più che salva il film, con la sua faccia, le sue espressioni e la sua più totale asepsi; nessun altro è di particolar rilievo tra il cast. 

La storia si svolge lentamente, tranquillamente, senza scossoni né altro, ci viene raccontata una storia semplice e condivisibile, ed è forse per questo che alla fine non riusciamo neanche a condannare troppo il povero Sy, rimane brutto, bruttissimo quello che fa, ma il suo gesto è davvero condivisibile (anche il detective alla fine lo giustifica, pur condannandolo per il suo ruolo). 

Nessuno riesce a condannare Sy perché fa quello che chiunque vorrebbe fare venendo a sapere di certe situazioni, ma che nessuno ha il coraggio di fare. 
 
Il film scorre tranquillo, lentamente, ma caricando sempre più l'ansia, la paura per ciò che sta per succedere: non è un horror quanto più un thriller psicologico: niente sangue, niente gore, niente violenza vera e propria, ma solo un fastidio, che nasce fin dalla prima inquadratura, fin dalla prima volta che i nostri occhi vedono quel bianco, quelle persone asettiche muoversi in luoghi asettici, completamente bianchi e retti. 

La fotografia rispecchia questa "scelta": pochi movimenti di macchina, tutti rigidissimi, tanta camera fissa e inquadrature semplici, mai ricercate, mai a distrarre lo spettatore dalla vera storia: la fotografia. 

Ovviamente un film che racconta la morte della pellicola, o meglio l'inizio della morte (quel periodo dove iniziavano ad arrivare, seppur economicamente irraggiungibili, le prime digitali) non poteva che esser girato su pellicola, una kodak che 13 anni dopo rilancia il Super8, forse per non morire o forse per favorire tutti quegl'hipster che si sentono fiqui solo perché han sotto le mani qualcosa che non sia digitale (seppur reputi, almeno personalmente, che nessuno si metta lì a sviluppare e lavorare la pellicola, avendo la comodità del digitale).

Un film per famiglie, con protagoniste due famiglie: quella degli Yorkin reale, e quella di Sy solo immaginabile.


Piccola nota divertente:  il cognome del protagonista è Parrish, lo stesso di un altro personaggio interpretato da Williams, Alan Parrish, protagonista di Jumanji.

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